L'incisione è così descritta nella scheda di MAURO BERNARDINI, (Biblioteca Universitaria di Pisa):

Giuseppe MANCION (Roma 1840 - ?)
Stampa; bulino; 141x99mm (impronta)
ISCRIZIONI: (sul bordo inf. est. sin. dell'immagine) G. Mancion f. 1875 ; (sotto) GALILEO GALILEI / da un quadro esistente nella Biblioteca Barberini
BIBLIOGRAFIA: Favaro 1912-13, p.1019; Fahie 1929, p.50-51; Alessandrini 1965, p.82, n.54
PUBBLICATA IN: Sante PIERALISI. Urbano VIII e Galileo Galilei... Roma, Tipografia Poliglotta della S.C. di Propaganda Fide, 1875
ESEMPLARI: DG Fa.45

Rimasto pressoché ignorato sino a quando il figlio del più noto e originale Pietro Mancion non l'ha tradotto su rame con trama fitta e sottile di segni incrociati, questo dipinto decorava la sala di lettura della biblioteca Barberini e insieme ad essa sarebbe - secondo Favaro - confluito nella Vaticana. In realtà, la tela non è mai uscita dal palazzo e dalla collezione privata dei principi Barberini (cfr. Alessandrini 1965). Favaro, che propendeva a considerarlo l'ultimo ritratto galileiano, nel farne menzione cita una lettera di Benedetto Castelli a Galileo, spedita da Roma verso la fine del 1639, nella quale si annuncia la visita dei pittori "Niccolò della Fiora" e "Carlo Mellino" desiderosi di ritrarre il vecchio scienziato (Favaro 1912-13, pp.1019-20). Il bibliografo non trae però alcuna conseguenza da questa associazione, non avendo elementi per ipotizzare un rapporto tra il dipinto della Biblioteca Barberini e uno dei due pittori nominati. Fahie invece, senza introdurre elementi nuovi rispetto a Favaro, avanza l'attribuzione a Claude Mellan, apparentemente per un banale errore di identificazione: Carlo Mellino = Claude Mellan invece di Charles Mellin. Ignoriamo se nel frattempo siano emersi documenti d'archivio o effettuati raffronti stilistici a supporto di un'ipotesi attributiva.

Il quadro da cui è tratta la stampa è pubblicato in internet con la dicitura:

«Dipinto di attribuzione incerta - Collezione privata, Roma»

Antonio Favaro ha scritto del quadro (Atti del Reale Instituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, A.A. 1912-913, Tomo LXXII – parte seconda, p. 1019):  «Vogliamo pur notare che fu assai verosimilmente dipinto dal vero ancora un ritratto di Galileo che lo rappresenta in età cadente, non sappiamo però da chi, e che era tra quelli che decoravano la gran sala di lettura della Biblioteca Barberiniana, passato poi insieme con questa alla Biblioteca Vaticana. Esso fu per la prima volta riprodotto dal Pieralisi di contro a quello di Urbano VIII; e poiché si trtattava d’uno dei meno notti ritratti di Galileo, per diffonderne la notizia, ce ne siamo serviti noi più in una recente nostra pubblicazione ( al n° 10 dei “Profili” editi da A.F. Formiggini, Modena-Genova).»