Rapporti con Galileo (dall’epistolario)

La racolta di queste lettere testimonia la profonda relazione di stima e affetto che il Principe Leopoldo aveva verso Galileo.

 

DINO PERI a [GALILEO in Arcetri].
Pisa, 3 marzo 1638.

" Molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r e P.ron mio Col.mo

Non rimando per istasera a V. S. molto Ill.re et Ecc.ma la sua lettera del Sig.r Piccolomini, perch'io desidero di mostrarla ancora ad alcuni amici, che ne riceveranno gusto grande. L'Ill.mo Senator Soldani fu incontrato da me otto dì sono per Pisa, e nel farli riverenza mi disse d'esser per partire il giorno di poi per Firenze. Detti nuova di tal lettera all'Altezze hiermattina, e la lessi particolarmente al Ser.mo Principe Leopoldo et al Gran Duca. Ringratiai ancora il Ser.mo Gio. Carlo della intentione, che havea V. S. saputa da me, di volerle inviar della malvagia, e mi replicò di voler la sera metterla in esecutione. Tutti poi questi Ser.mi Principi la compatiscono teneramente, e vorrebbono poter trovar modo di restituirle e la vista e la gioventù.
Si trova da me da parecchi dì in qua il P. Francesco [Famiano Michelini], il quale si scusa con V. S. del non haverle fatto motto nella partenza, perchè fu assai improvisa. Seppe il Gran Duca esser mio ospite, e così hiermattina, mandandomi a chiamare, mi commesse ch'io menassi meco il Padre ancora. L'occasione fu una gran partita di stromenti, venuti a S. Alt.za di Alemagna. Volse intanto che il Padre vedesse i suoi occhiali, e disse S. A. che, per sapere come il Padre era de' seguaci del Galileo, gne ne voleva donare uno, e buono bene; e così gne ne donò uno, contrassegnato de' migliori fatti da Tordo [Ippolito Francini]. Il P. Francesco ringratia però V. S., riconoscendo da lei in gran parte questo donativo. Altre nuove ancora potrei dare; ma il Padre medesimo, che non starà molto a ritornar costà, gne ne racconterà pienamente a bocca. "

 

DINO PERI a [GALILEO in Arcetri].
Pisa, 17 marzo 1638.

" Molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r e P.ron mio Col.mo

Bench'io sia senza tempo, non voglio mancar di dare al meno brevemente alcune buone nuove ch'io so dalla bocca del Ser.mo Gio. Carlo: prima, della benigna inclinatione di S. A. verso V. S. molto Ill.re et Ecc.ma, havendomi parlato più volte di lei con sentimenti di tenerezza. Mi ha detto ancora che aspetta l'occasione di qualche bel pesce grosso di 30 o quaranta libbre, per mandar con esso la malvagia: e tutto di suo moto spontaneo. Di più, che ci sono non so che nuove di Roma per conto della liberatione di V. S., le quali non erano ancor note a Sua Altezza precisamente, se non in generale che erano buone. Appresso dice di sapere che a Livorno sia arrivata la collana regalata dagli Stati d'Olanda a V. S. Di tutto mi rallegro con lei, come ella può credere, con tutto l'affetto.
Il P. Francesco si trova ancor qua, ma non più in casa mia; ha trovato miglior trattenimento. Il Ser.mo Gio. Carlo e poi il Ser.mo Leopoldo ancora si sono invogliati d'assaggiar l'algebra, e così come a lor servitio lo tengono custodito d'alimento e di stanza a S. Niccola. "

 

FAMIANO MICHELINI a [GALILEO in Arcetri].
Pisa, 18 marzo 1638.

" Pax Christi.

Molto Ill. et Ecc.mo Sig.r e P.ron in Christo Col.mo

La lettera di V. S. molto Ill. et Ecc.ma mi ha apportato indicibile consolazione, non solo per havermi assicurato della sua grazia, ch'io la stimo sopra tutte le altre cose temporali, ma ancora per haver conosciuto che per l'avvenire le altrui mormorazioni non mi nuoceranno, nè (quel che più mi preme) sturberanno o inquieteranno V. S. molto Ill. et Ecc.ma Non ho veramente dato piena fede alle altrui ciarle; nondimeno l'amore che porto a lei mi ha fatto forse eccedere nello scriverle con troppo senso. La prego a scusare la mia temerità, e la ringrazio infinitamente della immensa gentilezza con la quale si è compiaciuta rispondere alle mie stravaganze o spropositi.
Quanto al vino, non ne ho ancora parlato nè al Ser.mo G. Duca nè al Ser.mo Principe Gio. Carlo, perchè il Ser.mo Principe Leopoldo mi ha promesso di sollecitarlo lui medesimo; anzi egli stesso da sè si offerse di far simile offizio nel leggergli io quel particolare del vino della sua lettera. Ad ogni modo farò anch'io il debito con la prima occasione, anzi la piglierò a posta. "

 

ASCANIO PICCOLOMINI a GALILEO [in Arcetri].
Siena, 23 dicembre 1637.

Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XI, car. 362. – Autografa la sottoscrizione.

" Molto Ill.re Sig.r mio Oss.mo

Ho mandato a suo ricapito la lettera del Sig.r Francesco(1) mio nipote, e gnen'accuso così tardi la ricevuta perchè non prima di sabato ritornai di Vescovado(2), dove sono stato servendo questo Ser.mo Prencipe(3) per quattro o cinque giorni alle caccie. Spesso S. A. fa mentione di lei, e gli par mill'anni che venga la state per essere a goder costà i suoi discorsi, havendo S. A. perspicacia e gusto tale delle cose celesti che m'assicuro che V. S. ne rimarrà maravigliato. Ma qual consolazione può sollevar la perdita che ella va facendo della vista? Non dimeno agl'animi ben composti il lume dell'intelletto è quello che somministra luce bastante per ogni cosa. "

 

IACOPO SOLDANI a [LEOPOLDO DE' MEDICI in Pisa].
Siena, 12 gennaio 1639.

" Ser.mo Sig.r Principe,

In un medesimo tempo ho ricevuto una lettera del Padre D. Benedetto Castelli, con la quale mi dà nuova del suo salvo arrivo in Roma, et un rinvolto di fogli indiritto a V. A.za, che credo sieno gli ultimi Dialoghi del Sig.r Galileo, che presuppongo che venghino dal medesimo Padre, già che mi dice esserne arrivati in Roma molte copie, che si vendono senza difficultà e si leggono con somma lode dell'autore. Lo invio a V. A., e con tale occasione rappresentole la mia umilissima osservanza, dandole conto che sto in decretis di partir lunedì per Firenze con la mia famiglia, dove aspetto l'onore de' suoi comandamenti. E con la stessa umiltà m'inchino a V. A., alla quale prego da Dio il colmo d'ogni felicità. "

Di Siena, 12 Genn.o 1639.


Di V. A. Ser.ma

Dev.mo Umiliss.o et Obblig.mo S.re
Iacopo Soldani.

 

FAMIANO MICHELINI a [GALILEO in Arcetri].
Pisa, 8 febbraio 1639.

" Pax Christi.

Molto Ill. et Ecc.mo Sig.r e P.ron in Christo Col.mo

Mi è venuto di Siena il libro del S.r Baliani, ma non mi basta l'animo di vederlo, sì per le molte supposizioni e termini che egli mette innanzi, che per me sarebbe difficile il ritenerli a memoria per la debbolezza della mia testa, sì anche per non vedervi quella semplicità e purità di procedere come nelle cose di V. S. molto Ill. et Ecc.ma, le quali mi hanno apportato meraviglia e gusto indicibile, come ancora al Ser.mo Principe Leopoldo mio Signore, che ha di già finita di vedere la terza Giornata, che tratta del moto accelerato; e sebene le caccie hanno qualche poco impedito il vedere un'altra opera sua, non però ha tralasciato la lezzione ordinaria delle dimostrazioni del moto, se non in casi di grandissima stanchezza, che sono stati rarissimi.
Ho sentito con gusto che le calzette gli sieno riuscite a proposito, e se in altro vaglio per lei mi comandi, che chi mi ha dato quelle mi puol dare altre cose, e per lei massime me le dà più che volentieri.
Quanto alla dimostrazione, non dirò altro se non che io ringrazio V. S. molto Ill. et Ecc.ma delli honori che mi fa di stimare per mio quello che io riconosco tutto da lei, anzi che è tutto suo; e le dico con ogni sincerità che mi son vergognato assai di mandarle quel poco che le ha detto il P. Clemente [Clemente Settimi] a bocca, ma per obbedirla, doppo tante instanze, mi volsi mortificare.
Il Ser.mo Principe riceve con gusto i suoi inchini, et ammira le sue virtù e le predica. L'Ill.mo Senator Soldani credo sia in Firenze, perchè qua non è ancor capitato. Si dice che domani si vadia a Livorno, dove starò attendendo i sua comandi. L'altra sera hebbi lunghissimo discorso col Ser.mo G. D. delle cose di V. S. molto Ill. et Ecc.ma, presente il Ser.mo Principe Leopoldo, il quale mi aiutava ad esaltare il suo valore, et S. A. S. gustava in estremo di sentirci. Il discorso mi riserbo a raccontarlene a Firenze. "

 

FAMIANO MICHELINI a [GALILEO in Arcetri].
Siena, 10 aprile 1639.

" Pax Christi.

Molto Ill. et Ecc.mo S.r e P.ron in Christo Col.mo

Il partirmi da V. S. molto Ill. et Ecc.ma insalutato hospite, come si suol dire, molte ne sono state le cagioni. Prima, il non voler io abusare la sua troppa gentilezza, che non harebbe comportato il lasciarmi partire per molto tempo, mentre il Ser.mo Principe Leopoldo mio Signore mi haveva mandato da lei per alcuni giorni; 2a, il non essermi parso ben fatto il valermi con troppa larghezza delle grazie fattemi dal Ser.mo Padrone, sapendo io massime l'eccessivo desiderio che S. A. ha di studiar sempre più e più; 3a, il considerare che la mia rozza conversazione non poteva se non cagionarle tedio e impedimenti alle sue contemplazioni e indisposizioni: oltre che l'esser restati d'accordo d'aspettare il P. Clemente [Settimi] sino al principio del giorno mi parve sufficiente licenza, benchè stiracchiata, massime havendo io aspettato fino a due hore di sole, non essendomi parso buona creanza nè carità destarla, se non per altro almanco per esser ella andata la sera a letto con gravissimi dolori di corpo. Queste et altre simili sarebbero le mie scuse appresso le persone non conosciute, ma appresso di lei, che mi ama oltre al merito d'assai e che sa benissimo che così dovevo fare, le stimo superflue; però passerò a cose più allegre.
Arrivai a Siena mercoledì mattina a 16 hore, con la solita infreddatura più tosto rincappellata, che punto digerita, per il vento e altri disagi del mio capriccioso viaggiare. Nel medesimo tempo feci riverenza al Ser.mo Padrone, il quale mi dimandò subito di V. S. molto Ill. et Ecc.ma con queste formate parole: Che è del nostro buon vecchio? E mi disse altre cose di tanta tenerezza verso della persona sua, che io, esaminando la mia coscienzia, ardirei ben di dire di amarla più d'ogni altro suo devoto servitore, ma non già più del Ser.mo Padrone, al quale dispiacque alquanto la mia partita senza essermi da lei licenziato; che però mi ha imposto più volte ch'io faccia mie scuse con lei, onde la prego a scrivermi in maniera ch'ella mostri restare sodisfatta.
Le do nuova come il Ser.mo Padrone ha fatto già il disegno per far fare l'istrumento da far occhiali lunghi, conforme alla istruzione che ne diede V. S. molto Ill. et Ecc.ma Harei alcuni altri particolari da scrivere, ma per esser l'hora tarda, e dovendo questa mia esser portata dall'Ill.mo Panciatici [Niccolò P.], mio singolar Padrone, che se ne viene in costà domattina a buon'hora, mi riserbo il resto di scriverlo al P. Clemente, che poi gliene riferisca. Fra tanto veda se posso servirla in cos'alcuna qua, che mi troverà prontissimo ad ogni minimo cenno: con che facendole humilissima riverenza, le prego da Dio pienezza di grazie celesti in questi santi giorni di Passione. Deo Gratias. "

 

LEOPOLDO DE' MEDICI a GALILEO [in Arcetri].
Pisa, 11 marzo 1640.

" Sig.r Galileo,

Mi disse a questi giorni il Dottor Marsili che il Liceti havea stampato in un libro De lapide Bononiensi una sua opinione intorno al secondario lume della luna, diversa da quella di V. S., alla quale egli con diversi argumenti contrariava. Io per mio spasso volsi vedere, alla presenza del Marsili e del P. Francesco [Famiano Michelini] e P. Ambrogio [Ambrogio Ambrogi], quello che questo huomo opponeva all'ingegnoso suo pensiero e da me tenuto per vero; e benchè gli argumenti del contradittore non habbino bisogno di risposta, per essere tanto frioli, ad ogni modo perchè questo puol esser causa al suo ingegno d'insegnarci qualche novità o vero di chiarire maggiormente alcuna delle cose dette da lei in questo proposito, desidero, poichè io non posso discorrer seco di presenza, che ella si contenti di participarmi in scritto il suo pensiero intorno a queste nuove opposizioni. E mentre le ricordo il mio affetto con pronto desiderio nelle sue occorrenze, le desidero ogni contento.

Pisa, 11 Marzo 1640.

 

 

GALILEO a [LEOPOLDO DE' MEDICI in Pisa].
Arcetri, 13 marzo 1640.

 

" Serenissimo Principe e mio Sig.r e P.ron Col.mo

Le contradizioni poste dal Sig.r filosofo Liceti nel suo libro De lapide Bononiensi, nuovamente pubblicate, al cap. L, contro alla mia oppinione intorno al tenue lume secondario che si scorge tal volta nel disco lunare, e che io lo stimo effetto del reflesso de i raggi solari nella terrestre superficie; tali, dico, contradizioni et opposizioni non pure mi si rappresentano scusabili e da esser lasciate sotto silenzio, ma plausibili e degne di esser da me sommamente gradite e tenute in pregio, poichè mi hanno fruttato acquisto e guadagno così onorato et illustre, quale mi è stato la comparsa della umanissima et cortesissima lettera dalla A. V. S. mandatami, nella quale ella mi comanda che io liberamente gli deva aprire e communicare il mio senso circa le dette opposizioni. Io lo farò solo per obbedire al suo cenno, ma non perchè io pensi di esser per produrre cosa alcuna, in mantenimento della mia oppinione et in diminuzione delle opposizioni fattemi, la quale nella prima e semplice lettura non sia caduta in pensiero dell'A. V. S., usa a penetrare con l'acutezza del suo ingegno i più reconditi secreti di natura. Resti tra tanto l'Altezza V. S. servita di condonare al mio compassionevole stato la dilazione di qualche giorno nel porre ad effetto il suo comandamento, il quale, quando della mano e della vista già mia potessi servirmi, forse in una sola tirata di penna haverei esequito. E qui humilmente inchinandomi le bacio la veste, e le prego da Dio il colmo di felicità. "

D'Arcetri, li 13 di Marzo 1640


Dell'Altezza V. Ser.ma

 

 

 

 

LEOPOLDO DE' MEDICI a [GALILEO in Arcetri].
Siena, 14 maggio 1640.

" Sig.r Galileo,

Feci vedere, come V. S. desiderava, ad alcuni dottori dello Studio di Pisa quella scrittura che ella mi inviò, quale rispondeva a quello che il Dottor Liceti diceva contro all'opinione sua intorno al secondario lume della luna. Tra gli altri che io chiamai vi fu il Marsili [Alessandro Marsili], come lei desiderava, et egli e gli altri concorsero, benchè Peripatetici, in quanto da V. S. vien detto nella sua sì ingegnosa e dotta scrittura, quale fu lodata in estremo; et io tra l'altre cose che in essa sono, ho ammirato quella di dimostrarci, benchè tanto lontani dalla luna, che il lume in essa reflesso dalla terra sia maggiore del nostro lume crepusculino et, in conseguenza, di quello che la luna sopra di noi reflette. E poichè io non posso godere e cavar quel frutto che desidererei dalla conversazione sua, cerco di trattenermi e di ammaestrarmi in qualche parte nel leggere le sue opere; e però havendo finito di scorrere l'undecimo e duodecimo di Euclide, sto vedendo adesso il suo libretto delle Galleggianti, parto non meno de gli altri degno del suo intelletto; soggiungendole che farò ancora un poco di sessione con Monsig.re Arcivescovo Piccolomini, tanto affezionato a V. S. et alle cose sue, dove si leggerà la scrittura sopra il lume secondario della luna. Spero io di esser poi da lei in questa state, dove discorrerò seco di alcune cose che mi sono sovvenute in diverse materie, non lo potendo fare tanto bene con la penna quanto con la voce. Et in tanto, mentre le confermo il mio vivo affetto, desidero che il Signore con sanità la conservi quanto desidero. "

Siena, 14 Maggio 1640.

 

Al piacere di V. S.
Il Principe Leopoldo.

 

 

GALILEO a [LEOPOLDO DE' MEDICI in Siena].
Arcetri, 25 maggio 1640.

" Ser.mo Principe, Sig.r et P.ron mio Col.mo

Atteso che dopo l'havere io inviata all'Altezza Vostra Ser.ma la mia scrittura, distesa in forma di lettera, nella quale rispondevo al filosofo Liceti, mio oppositore, fossero passati oltre a quindici giorni senza che io sentissi tali mie risposte essere all'orecchie dell'A. V. pervenute, cascai in timore che o la troppa lunghezza o la frivolezza de i miei concetti gli potessero essere state più di tedio che di gusto. Ma quando poi, fuori della mia aspettazione, mi sopraggiunse la humanissima e benignissima lettera, nella quale l'A. V. Ser.ma mi dava conto di haver sentita e con diletto gradita tal mia risposta, restai io in maniera soprapreso da una insperata allegrezza, che restando per non breve tempo come fuori di me stesso, non hebbi talento di dettar parole degne e proporzionate al renderle le dovute grazie a tanto favore; ma voltandomi al molto R.do Padre Francesco [Famiano Michelini], gli scrissi e col maggior fervore che potetti lo pregai che, humiliandomi al cospetto dell'A. Sua, li porgesse in nome mio un poco di caparra del debito nel quale conoscevo di trovarmi, e che sarei stato per pagarle interamente se mai havesse havuto forze bastanti a poter ciò fare. Ma vana, Ser.mo Principe, mi è riuscita anco questa seconda speranza; anzi sentendomi tutta via indebolir le forze e gettandomi al miserabile, ricorro all'inesausto tesoro della sua clemenza, supplicandola che voglia appagarsi di quello che non potendo con l'effetto renderle, resti servita di ricevere dall'affetto mio purissimo e devotissimo. E poichè ella si appaga di discorsi e di parole, starò attendendo la sua venuta a Firenze, e di lì le sue domande del mio sentimento sopra le proposizioni che accenna di riservarmi; e tra tanto nutrendo di speranza il mio desiderio di servirla et obedirla, starò pensando se qualche cosa potesse di nuovo cadermi nella fantasia, che fosse degna delle orecchie dell'A. V. Ser.ma Alla quale humilmente inchinandomi, bacio la veste e prego da Dio il colmo di felicità. "

D'Arcetri, li 25 Maggio 1640.


Dell'Altezza Vostra Ser.ma

 

Humilissi.mo et Devoti.mo Servo
Galileo Galilei.

 

 

IACOPO SOLDANI a GALILEO [in Arcetri.]
Siena, 21 novembre 1640.

" Molt'Ill.re et Ecc.mo Sig.r mio Oss.mo

Questa Ser.ma A.za [Leopoldo de’ Medici] ha ricevuta quella parte d'Archimede che V. S. Ecc.ma le ha mandata, che è stata opportuna, havendo in essa studiato quelle proposizioni che appartengono alla materia delle galleggianti, che ultimamente haveva alle mani nel suo trattato; e quando il S.r Viviani harà finito di studiare il restante, V. S. Ecc.ma lo potrà inviare all'A.za S.: la quale aspetta con desiderio la sua risposta al S.r Liceto, et ha ammirato la di lui intrepidità, che non si sbigottisca dalla multiplicità de gli avversarii, e la saluta caramente. Et io rappresentando a V. S. Ecc.ma la mia osservanza, le fo affettuosissima reverenza. "

Di Siena, 21 9bre 1640.


Di V. S. molt'Ill.re et Ecc.ma

 

 

S.r Galileo Galilei.

 

 

PIER FRANCESCO RINUCCINI a [LEOPOLDO DE' MEDICI in Siena].
Firenze, 15 novembre 1641.

" .... Iermattina fui a vedere il S.r Galileo, il quale è fermo nel letto da dieci giorni in qua con una febbriciattola lenta lenta, ma però dice egli che l'è continua. Gli dà davvantaggio un gran dolor di rene. Questi mali, alla sua età, mi par che devano far temer della sua vita. Egli con tutto ciò discorre con l'istessa franchezza che facea fuori del letto; e mi disse che aveva grandissima soddisfazione del nuovo mattematico Torricelli, e che aveva ricevuto grandissimo gusto in sentir confrontare alcune nuove dimostrazioni tra lui e 'l Viviani, del quale mi disse un monte di bene, e m'ordinò ch'io lo scrivessi a V. A..... "

 

 

Biografia
Leopoldo de' Medici (1617-1675), ultimo nato di Cosimo II (1590-1621) e di Maria Maddalena d'Austria (1589-1631). Gli altri figli maschi di questa grande dinastia furono il primogenito Ferdinando II (1610-1670), Giovanni Carlo (1611-1663) che divenne cardinale nel 1644 e Mattias (1613-1667). Alla morte prematura del padre i figli rimasero sotto la tutela delle Granduchesse reggenti Maria Maddalena e Cristina di Lorena (1565-1637) moglie di Ferdinando I (1549-1609). Leopoldo ebbe come primo precettore Jacopo Soldani, scolaro di Galileo ed apprese le scienze dal padre scolopio Flaviano Michelini (altro allievo di Galileo) e da Evangelista Torricelli.
Quando il fratello maggiore Ferdinando assunse il governo del Granducato, Leopoldo ebbe incarichi politici, ma riuscì anche a seguire le attività scientifiche e culturali del Granducato a fianco del fratello maggiore, rifondando nel 1638 la vecchia "Accademia Platonica" e nel 1657 la notissima Accademia del Cimento.
Fin dal 1641 divenne accademico all'Accademia della Crusca, dove si occupò della preparazione delle voci delle arti per la III impressione del Vocabolario che uscì nel 1691.

 

Le sue collezioni di disegni, pitture, statue, monete, oggetti costituirono il punto di partenza per il Gabinetto Disegni e Stampe di Firenze, per la Galleria Palatina e per la Raccolta di Ritratti e soprattutto di Autoritratti di grandi artisti, esposti ora nel Corridoio Vasariano che lega Palazzo Pitti agli Uffizi.
Nel 1667 si tenne l'ultima seduta dell'Accademia del Cimento nella quale fu proclamato che lo sperimentalismo doveva essere l'unico metodo adottato dalla ricerca scientifica e, alla fine dello stesso anno, il 12 dicembre 1667 Leopoldo ricevette la nomina di Cardinale da papa Clemente IX. Da questo momento farà frequenti viaggi a Roma, sempre continuando a seguire i suoi interessi artistici. Muore improvvisamente, nel pieno della sua attività di collezionista e di studioso, il 10 novembre 1675.

 


Dipinto dal Bacicchio [Giovanni Battista Gaulli]  (Originale in Galleria degli Uffizi-Firenze). In internet si trovano fotografie di questo dipinto ai seguenti indirizzi:

http://www.answers.com/topic/baciccio1-jpg
(taken from www.havelshouseofhistory.com)

con la seguente informazione:

The two-dimensional work of art depicted in this image is in the public domain in the United States, either because it was first published in 1922 or earlier, or for the reason described either above or below this template. This photograph of the work is also in the public domain in the United States (see Bridgeman Art Library v. Corel Corp.).
Note: Unless the creator died more than 70 years ago, the work of art is not public domain worldwide.

http://en.wikipedia.org/wiki/Leopoldo_de'_Medici

 

Questo dipinto ha strette relazioni con il ritratto conservato nella pinacoteca di Lucca (ill.. in P. Bautier, «Juste Suttermans peintre des Mèdicis», 1912, pag. XI; e in «Il ritratto italiano dal Caravaggio a Tiepolo» 1927), eseguito probabilmente poco dopo la nomina di Leopoldo a Cardinale (1667). La stesura liscia del colore nelle carni, meccanica nelle vesti indica in questa tela una delle frequenti ripetizioni, necessariamente affidate all'industre bottega; in qualche parte, un poco più sentita nell'esecuzione (la bocca per esempio), non sarebbe da escludersi l'intervento del maestro.
(http://rambaldi.duemetri.com/DesktopModules/Pictures/PictureView.aspx?tabID=0&ItemID=156&mid=1

Bottega di Giusto Sustermans - Ritratto del Cardinale Leopoldo De Medici - 1597 - 1681 (Tela - cm 61 x 51,5)
www.duemetri.it/ pinacoteca/quadri/12.jpg
Nel giugno del 1865, il consiglio comunale di Colla, oggi Coldirodi, deliberava di  acquistare i dipinti della collezione del sacerdote Paolo Stefano Rambaldi e di riunirli  così alla biblioteca e alla raccolta di stampe che lo stesso Rambaldi aveva voluto  donare alla sua morte al comune natio

 

 


(1) Francesco Piccolomini.

(2) Cfr. n.° 3003.

(3) Leopoldo de' Medici.