Illustrazione tratta da:

"LE GRANDI INVENZIONI ANTICHE E MODERNE NELL'INDUSTRIA, NELLE SCIENZE E NELLE ARTI"

MILANO -E. TREVES & C., EDITORI DELLA BIBLIOTECA UTILE - Via Solferino 11. Seconda Serie

Opera uscita in dispense e compilata da Beniamino Besso. - La 6 a . ed. con numerose aggiunte, fu pubblicata nel 1873 in tre volumi. - pp. VIII, 360, 300, 330.

Nel testo vi è la seguente nota:
 

Il quadro è del valente Domenico Macciò di Pistoia. Avendo il Galileo ritrovato il modo di ottenere la Longitudine in ogni tempo, l'offerse agli Stati Generali che gli mandarono in dono, per mezzo dei mercanti Ebers una collana d'oro. Ma, si per avere la sua cecità interrotta la proposta della longitudine, o sia piuttosto pel timore di ricevere ulteriori molestie dal tribunale della Inquisizione accettando un regalo proveniente da potenza eterodossa, Galileo ricusò la collana. Questo è il momento rappresentato dal nostro quadro.

Il Favaro scrisse che il quadro era finito ad Alessandria d'Egitto e che il nome dell'autore indicato era Demostene Macciò di Fiesole.

La corrispondenza che segue, tratta dall'edizione nazionale delle OPERE di Galileo, illustra il motivo che causò il rifiuto del dono da parte di Galileo.

 

3761*.

FRANCESCO BARBERINI a [GIOVANNI MUZZARELLI in Firenze].

Roma, 19 luglio 1638.

Riproduciamo la seguente lettera, il cui originale era nell'Archivio dell'Inquisizione di Firenze, dalla pag. 28 dell'opera citata nell'informazione premessa al n.° 3701.

Molto Reverendo Padre,

Se il personaggio destinato a Galileo Galilei, e con regali di prezzo, per ritrarne da lui l'istromento che mostra il modo di navigare per la longitudine del polo, sarà di setta heretica, o mandato da città heretica, questi Eminentissimi miei Signori non hanno per bene che il Galileo possa introdurlo a ragionar seco, et ella gli ne dovrà fare la prohibitione in forma; ma quando e la città e 'l medesimo personaggio fusse cattolico, non stima la S. Congregazione di dovergli impedire la negotiatione, purchè essi non trattino del moto della terra, conforme agl'ordini già dati. Ma qui difficilmente si crede che l'istrumento sia tale che possa senza difficoltà aperir la strada a sì fatta navigatione, sino a questi tempi incognita, ancor che investigata da ingegni altissimi; e quando forsi egli ne havesse ritrovato il modo, non si crede s'habbia da codest'Altezza permettere ch'egli capiti in mano di gente straniera e si tolga all'Italia la gloria d'haver isperimentata, prima degli altri, sì nobile inventione, assai più utile di quella c'hoggi si costuma per l'altezza del polo, pur anco facilitata, col segreto della calamita, da ingegno italiano. Serva d'avviso a V. R., et il Signore la conservi.

Di Roma, li 19 Luglio 1638.

Di V. R.

Come fratello
Il Card. le Barberino.

 

 

3762*.

GIO. FRANCESCO PASSIONEI a FRANCESCO BARBERINI in Roma.

Firenze, 19 luglio 1638.

Bibl. Vaticana. Cod. Barberiniano lat. 7325 (già LXXXVIII, 34), car. 9, in cifra, e a car. 7 decifrato di mano sincrona.

Di Firenze, da Mons. r Vescovo di Cagli Nun. o , li 19 Luglio 1638.

Deciferato li 23 detto.

.... Li Stati Olandesi hanno inviato in mano degli Eberzer, mercanti Tedeschi, una lettera ed un donativo, chi dice di 600 e chi di m / 2 scudi, per il Galileo, ad effetto di esser amaestrati della lunga navigatione. Ma il sudetto non ha accettato nè accetterà l'uno nè l'altra, se precedentemente non haverà ottenuto licenza di Roma.

 

 

3772*.

FRANCESCO BARBERINI a GIOVANNI MUZZARELLI in Firenze.

Roma, 7 agosto 1638.

Dalla pag. 28 dell'opera citata nella informazione premessa al n.° 3761. Anche l'originale di questa lettera era nell'Archivio dell'Inquisizione di Firenze.

Molto Rev. Padre,

Galileo Galilei, con non voler ricevere le lettere e i regali destinatigli dalli Stati d'Olanda, ha dato segno di molta pietà. V. R. gli può accennare che la sua attione è stata sentita volentieri con molta sua lode da questi miei Eminentissimi; e V. R. lo manterrà in fede, acciò non presti orecchie a sifatte esibitioni. Et il Signore la conservi.

Di Roma, li 7 Agosto 1638.

Di V. R.

Come fratello
Il Card. le Barberino.

 

 

3780.

GALILEO ad ELIA DIODATI [in Parigi].

Firenze, agosto 1638.

Bibl. Naz. Fir. Appendice ai Mss. Gal., Filza segnata sul dorso: «3. Galileo. Copie di documenti, lettere, etc., estratte dalla Raccolta Palatina dei Mss. scientifici», car. 595 r .-598 r . - Copia del secolo XVIII, servita alla prima Edizione fiorentina delle Opere di Galileo del 1718: perciò in questa copia furono cancellati (ma sono tuttavia leggibili) quei tratti che nella detta edizione (Tomo III, pag. 184-185) vennero omessi. In margine, al principio della lettera, si legge, pur di mano del secolo XVIII: Lettera di Galileo Galilei ad Elia Deodati , e quindi, cancellato: G. al Deodati. 7 Ag. o (e prima era stato scritto 7 Mag. o ) 1638.

Molto Ill. re Sig. re e P.rone mio Col. mo

[...]

Sei giorni sono mi fu portata da i Sig. ri mercanti Ebers tedeschi una lettera de gl'Ill. mi e Pot. mi Stati, insieme con una scatola entrovi una collana. I portatori mi trovorono in letto afflittissimo, e, per essere io cieco, apersero e mi lessero la lettera di detti Signori, veramente piena di cortesia. Io la presi, e l'istesso feci della scatola; ma la lettera la ritenni appresso di me, e la scatola, con quello che dentro vi era, riconsegnai in mano de i medesimi Sig. ri mercanti, pregandoli che la tenessero appresso di loro sin tanto che io potessi scrivere in ringraziamento a gl'Ill. mi e Potentissimi Stati et aspettare risposta a quello che io averei scritto, che era di ringraziarli della benigna dimostrazione del buon affetto loro verso di me, ma che la collana non volevo che restasse in mia mano per adesso, e ciò per varii rispetti et in particolare per avere il mio infortunio della perdita della vista e dell'aggravio di gravissima malattia interrotto il negozio che si trattava. La gravezza del male non m'ha permesso per ancora di rispondere a i detti Signori: lo farò, se mi sarà da Dio conceduto tanto di vigore, e ne manderò copia anco a V. S. molto Ill. re ; ma se il peggioramento mio va crescendo, come ha fatto da tre o quattro giorni in qua, dubito che il dettar più lettere sarà giunto al fine.

La lettera de i Sig. ri Stati mi fu mandata dal Sig. re Giovanni Reijusto, parente del già Sig. r Lorenzo Realio, al quale io ho risposto, e doverà fra tanto dar conto in Olanda del succeduto sin qui. [...]

Di Firenze, li 17 * Ag. to 1638.

Di V. S. molto Ill. re

Dev. mo et Oblig. mo Serv. re
Galileo Galilei.

[* Da tutto il contesto apparisce che questa lettera è anteriore a quella che pubblichiamo qui appresso col n.° 3781. Restiamo però incerti, quale delle date delle due lettere debba, come si leggono nella copia di cui ci serviamo, tenersi errata; nè sappiamo qual valore possa attribuirsi alla data dei 7 agosto, che nella copia stessa era stata apposta marginalmente (cfr. l'informazione) in principio della presente ]

 

 

 

3781.

GALILEO ad ELIA DIODATI [in Parigi].

Firenze, agosto 1638.

Bibl. Naz. Fir. Cod. citato nell'informazione premessa al n.° 3780, car. 598 r .-599 t . - Copia del secolo XVIII, della stessa mano di quella che esemplò il predetto n.° 3780. In capo alla copia, sul margine, si legge, pur di mano del secolo XVIII: Lettera di Galileo Galilei a Elia Deodati , e quindi, cancellato: G. al Deodati. 14 Ag. o 1638 .

Molto Ill. re Sig. r e P.rone mio Col. mo

Continuando le mie gravi e noiose indisposizioni, non posso se non con brevità rispondere all'ultima sua de' 20 del passato, con dirle che già che la mala fortuna ha voluto che si scuopra al S. Offizio il trattato che tenevo con gl'Ill. mi e Potentissimi Sig. ri Stati circa la longitudine, il che mi poteva arrecare gran danno e pregiudizio, come già le accennai, m'è stato gratissimo che V. S. molto Ill. re , con avvisarne il Sig. r Ortensio e distorlo dal pensiero del viaggio che intendeva fare, abbia ovviato a qualche sinistro accidente che mi soprastava e nel quale per la sua venuta facilmente sarei incorso.

Ben è vero, Sig. r mio, che per le ragioni verissime e chiarissime che ella adduce, tal trattato non doverebbe essere a me di pregiudizio alcuno, ma più tosto doverebbe acquistarmi onore e fama, quando però io fossi un uomo della condizione de gli altri, cioè non più de gli altri sventurato; ma già che da molte e molte esperienze son reso certo della malignità della mia fortuna, altro non posso aspettare dalla sua ostinata perfidia in perseguitarmi, se non che quello che ad ogni altro sarebbe di giovamento, a me sarà sempre di detrimento e danno. Pur anche in tanta avversità m'acquieto, già che vana temerità sarebbe il voler contrastare alla necessità del destino. [...]

Di Fir. e , li 14 * Agosto 1638.

Di V. S. molto Ill. re

Dev. mo et Oblig. mo Serv. re
Galileo Galilei.

 

 

 

3807*.

FRANCESCO BARBERINI a BENEDETTO CASTELLI in Firenze.

Roma, 30 ottobre 1638.

Bibl. Vaticana. Cod. Barberiniano lat. 6461 (già LXXIV, 7), car. 70. - Minuta autografa, sul margine della quale si legge, d'altra mano: «di proprio etc.».

Al P. D. Bened. o Castelli. Firenze.

Ho ricevuto in un istesso tempo dua lettere di V. R. za , una de' 9, l'altra de' 16 del presente, alle quali brevemente, conforme alla commodità che ho del tempo, replicherò, contentarsi Nostro Signore che ella possa trattare circa i moti de i Pianeti Medicei con le tavole e teoriche loro per stabilire il modo di ritruovar la longitudine, mentre la mente di S. S. tà e della S. ra Congregatione è, che quando si puotesse fermare cosa proficua alla navigatione, questa capiti in mano a principe Cattolico. In ordine a questo adunque tiene la licenza V. R. za , la quale son sicuro che s'asterrà da altri discorsi, e massime da quelli contrarii al senso della S. Congregatione. Non posso esser più lungo; ma approvando quanto ella dice delle gran qualità di cotesti Principi, me le offero e mi ricordo alle sue orationi.

Roma, 30 Ott. re 1638.

Mi ero scordato di communicarle una mia curiosità, et è di quali acque ella sia per dire il suo parere. Attendo da V. R. za la risposta, e le prego l'assistenza di Dio nel Suo santo servitio.

 

 

 

3815*.

FRANCESCO BARBERINI a GIOVANNI MUZZARELLI in Firenze.

Roma, 27 novembre 1638.

Dalle pag. 28-29 dell'opera citata nell'informazione premessa al n.° 3761. Anche l'originale di questa lettera era nell'Archivio dell'Inquisizione in Firenze.

Molto Rev. Padre,

Si contenta N. S. che D. Benedetto Castelli, Monaco Cassinense, possa trattare frequentemente con Galileo Galilei, e per servitio dell'anima del suddetto Galileo, e per istruirsi de' periodi de' Pianeti Medicei, ne' quali pretende fondarsi l'arte di navigare per la longitudine de' gradi; ma comanda Sua Beatitudine che, sotto pena di scomunica latae sententiae e da incorrersi senz'altra dichiaratione, la cui assoluttione riserva S. Santità a sè medesima, levatone anco la facoltà alla S. Penitentiaria, non ardisca egli di favellare col suddetto Galileo dell'opinione dannata da questa Suprema et Universale Inquisitione intorno al moto della terra. V. R. si contentarà di darli notitia di senso di N. S. Et Dio la conservi.

Di Roma, li 27 Novembre 1638.

Di V. R.

Come fratello
Il Card. le Barberino.